venerdì, agosto 11, 2006

Incapace d'amare 3: un racconto di AleRemo


Stavolta non poteva far finta di nulla, come era accaduto quattro anni prima, quando le confessò (tramite lettera, di persona non ci sarebbe mai riuscito) che era stato innamorato, e le aveva consegnato le poesie scritte in suo onore, praticamente la cronistoria di una depressione. Nell'occasione lei fu molto gentile, forse per l'ambiente festaiolo, forse perché si rese conto delle difficoltà dell'altro, forse, infine, perché qualcosa provava anche lei, pur se stava insieme ad un altro da dieci mesi; comunque accettò di fare quello che lui, senza parlare, le aveva proposto, ovvero essere amici e far finta che niente fosse successo. Un'occasione mancata. Il fatto è che entrambi credevano davvero che fosse possibile essere amici; e per un po' lo furono; naturalmente non si videro molto in quel periodo, comunque si tennero informati reciprocamente delle condizioni dell'altro. Era un momento tranquillo per tutti e due, non come quello che stavano passando quella sera, quando decisero di rivedersi.Ecco, quella sera ne ricordava molto da vicino un'altra di tre anni prima, d'estate. Nell'abituale ritrovo estivo (in ogni ritrovo ci sono gruppi più o meno omogenei, e quello non faceva eccezione; da anni gente che non si era vista per tutto l'inverno riprendeva la propria vita sociale) riapparve un vecchio compagno di Liceo, G., che conosceva bene la storia, ancora da fare, tra B. ed il protagonista; talmente bene che vi si inserì, approfittando delle evidenti difficoltà dell'altro e, naturalmente, fregandolo e facendolo notevolmente incazzare.Ecco, questa era una importante caratteristica di lui: si incazzava raramente ma, quando accadeva, era una persona da evitare assolutamente; non dimenticava più i torti subiti e, pure se non avesse fatto niente di concreto per vendicarsi, per un bel po' di tempo sarebbe stato meglio non avvicinarsi troppo. Non che fosse un violento, ma erigeva una barriera impenetrabile fatta di sguardi di sbieco, risposte monosillabiche su toni indisposti di voce, battutine caustiche, accompagnando il tutto con un umore generale di disprezzo, forse snob, di certo funzionale alla stimolazione di sensi di colpa nell'altro.Così quando G. in una settimana gli portò via l'angelo della sua vita lui si incazzò talmente che G. lo evitò per circa due anni (e fu sempre in quel luogo, due estati dopo, che gli raccontò la storia). In realtà, poveraccio, non aveva alcuna colpa, ma agli occhi di un innamorato fanatico qualunque deviazione dalle braccia dell'amata è motivo di innumerevoli angosce nonché di riflessioni esasperate ed inevitabilmente sbagliate. Era andata così: B., stanca dei problemi con il ragazzo del tempo, si era rivolta a G. invece che al Nostro il quale, da buon marpione, aveva approfittato della situazione, senza andarci a letto, ma dandole un bel po' di più della pura consolazione spirituale. Chi non l'avrebbe fatto? si giustificò G. quella sera; non ci fu risposta perché immediatamente non volevo ferirti, forse abbiamo sbagliato entrambi. Forse tutti e tre fu la chiosa finale. La serata si concluse con due birre alla spina ed un brindisi, "a tarallucci e vino".Quella sera, da serata uguale a tutte le altre, insignificanti, passate nel corso delle estati precedenti divenne in qualche modo importante da punto di vista dell'amicizia tra i due e della consapevolezza di sé e dei propri errori. Ma, se una parte dello spirito era acquietata dalle piccole scoperte allora fatte, un'altra parte era ancora più disperata e senza meta.Già, quella sera! Si inquadrava in un buon periodo del rapporto tra loro; seguiva un momento drammatico della vita di lei, un momento che li aveva riuniti ed aveva rinnovato il feeling tra loro.

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