venerdì, luglio 27, 2007

Homo consumens di Zygmunt Bauman




Ho trovato estremamente interessante l'ultimo saggio di Zygmunt Bauman "Homo consumens". Una critica alla società dei consumi che brucia il tempo e soprattutto le persone, impaurite dall'essere escluse dal centro illuminato del sistema, che scelgono merci e perciò stesso si ritengono libere, che hanno "orrore delle responsabilità" perché l'unico obbligo è quello di scegliere.

Scegliere beni e identità per non far morire il mercato, unica certezza di democrazia, questa l'unica regola per restare al centro. Nella bolgia di possibilità, l'individuo ha paura dell'inadeguatezza e del limite, quello di sentirsi cittadino a metà. Il fare è l'imperativo categorico per fuggire dall'angoscia, sempre in pieno movimento, perché la regola numero uno è sentirsi insoddisfatti sempre. " Il desiderio deve rimanere insoddisfatto perché finché il cliente non è soddisfatto sentirà il bisogno di acquistare qualcosa di nuovo e diverso". C'è bisogno di persone sempre alla ricerca d'identità.

Ma esistono limiti naturali, culturali e fisici nella realtà e questi sono percepiti come insopportabili. Tanto da generare risentimento. Ecco la parola chiave del saggio: il risentimento. Non ci si può accontentare, quindi si cerca l'impossibile, ma essendo tale la realtà sorge l'angoscia di diventare obsoleti, esclusi. Tirannia del carpe diem che porta al distacco ed alla fuga dalla sfera delle emozioni e dei conflitti.

Domina il mercato e le sue leggi vengono considerate democrazia tout court. Il populismo di mercato odia la politica che percepisce come la vera nemica della democrazia. E' arduo mostrare a questi populisti i limiti, sempre più devastanti del selvaggio mercato globale.

Non esiste più il gruppo, ma secondo Bauman c'è lo sciame che ha come unico denominatore la vicinanza fisica e la direzione verso cui tendono gli individui consumatori, visto che "il consumo è un'attività solitaria", anche se fatto in compagnia ed i legami durano lo spazio dell'atto di consumo. Legami occasionali e superficiali in una società dello spreco, dell'eccesso e dell'inganno,
visti come i motori del giusto funzionamento del sistema, quindi della ricchezza e del futuro.

E' una società che ha bisogno di escludere chi non si adatta agli standard normali. E' anormale chi non ha capacità di consumo, non chi non lavora. Una società dove domina la mixofobia (paura di mescolarsi) e che usa la separazione territoriale per sopravvivere.

E torna la categoria del risentimento che, citando Nietzsche, è il sentimento degli esclusi fatto di sottomissione, rancore e invidia. Si nega la superiorità di chi si ammira e ciò dovrebbe riportare il rispetto di sé. Inoltre, questa jungla darwiniana di ritorno impone forza e spregiudicatezza verso l'altro che è sempre un concorrente. L'idea di sé deve sempre essere la più alta possibile. Quindi non si tollera in sé stessi di essersi comportati in modo errato. L'autoindulgenza viaggia sui binari dell'extrapunizione (è sempre colpa di altri), il mascheramento delle proprie responsabilità ed il vittimismo. Ma questa condotta per mantenersi ha bisogno di mostrare l'altro come sempre più cattivo e le misure difensive (giusta reazione) sempre più dure.

Nella negazione della dignità (umiliazione), nella competizione sociale (rivalità) e nella paura (ambivalenza) sono da ricercare le cause del risentimento.
Alla domanda che Bauman si pone nell'affrontare il nodo della sopravvivenza del welfare: "Sono forse io il custode di mio fratello?", secondo l'Autore è urgente rispondere in senso affermativo. L'etica va sostenuta, come unico orizzonte di speranza, perché da essa parte l'assunzione di responsabilità e il rigetto del risentimento.

1 commento:

Renotcha ha detto...

Grazie per la segnalazione. Questo Bauman mi piace sempre di più.
Lucubrum